di Enrico Grazzini
Le elezioni greche rappresentano una svolta storica. Syriza al governo contrasterà finalmente la Troika (UE, BCE, FMI) e cercherà di porre fine alla tragedia provocata dagli usurai pubblici e privati che prima hanno corrotto le classi dirigenti greche prestando irresponsabilmente denaro a fiumi, poi hanno succhiato il sangue del popolo greco riducendolo alla miseria. Viva Syriza! Tuttavia è ingenuo e semplicistico credere che la proposta avanzata da Alexis Tsipras in Grecia, cioè la moratoria del debito pubblico, possa essere una soluzione valida e ugualmente proponibile anche per l’Italia. Il debito pubblico italiano è troppo alto e non c’è alcuna possibilità di moratoria. L’euro ci strangola, è una moneta che serve solo alla finanza tedesca e del nord Europa. Ma uscire unilateralmente è come fare rientrare il dentifricio nel tubetto.
L’Italia potrebbe invece uscire dalla deflazione e dalla crisi grazie all’emissione di una nuova moneta statale complementare all’euro. Occorre infatti che gli stati riprendano almeno in parte la loro autonomia in campo monetario, senza attendere l’approvazione preventiva della Commissione Europea, della BCE e del governo tedesco. La proposta di creare una nuova moneta statale parallela all’euro (senza però uscire dall’euro) avanzata da Luciano Gallino e da altri economisti va proprio in questa direzione [1].
Il Quantitative Easing serve solo alle banche e ai governi, non all’economia reale
Il Quantitative Easing che Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea, è riuscito a lanciare pochi giorni fa nonostante la dura contrarietà tedesca, non risolverà né il problema della deflazione (caduta dei prezzi) europea né tanto meno ci farà uscire dalla crisi. L’acquisto di titoli di stato da parte della BCE concederà ancora un po’ più di soldi alle banche e agli stati, ma ben poco arriverà all’economia reale. Serve a difendere e a stabilizzare temporaneamente l’euro, a ritardare la probabile rottura della moneta unica, ma non a risollevare l’economia e ad aumentare l’occupazione.
Il QE di Draghi arriva “troppo tardi, troppo poco” [2].
Soprattutto, la Bundesbank è riuscita a costringere la BCE a nazionalizzare i rischi relativi all’acquisto dei titoli di stato. La responsabilità del quantitative easing ricade infatti sulle banche nazionali per l’80%. Se uno stato sarà costretto a ristrutturare il debito a o fallire, sarà la banca centrale nazionale a pagare le conseguenze. Il governo tedesco non vuole che la BCE si faccia carico degli eventuali insuccessi del QE. Con buona pace delle illusioni europeiste della sinistra nostrana, l’idea di Europa unita e solidale è stata ancora una volta respinta dalla nazione guida della UE che guarda solo ai suoi interessi di bottega. La Germania non vuole una Europa solidale. La sinistra deve prenderne atto! Invece di reclamare che il governo tedesco assuma una posizione diversa, occorre prendere delle iniziative autonome, pur restando (purtroppo necessariamente) ancora dentro l’euro.
Comunque il QE non risolverà nessun problema dell’economia reale. Senza potenziare la domanda finale e i consumi privati e pubblici, senza un aumento dei redditi, e soprattutto senza crescita dell’occupazione, non si uscirà mai dalla crisi e dalla trappola della liquidità in cui l’Europa si è cacciata.
Unità politica europea? È possibile solo sotto guida tedesca. Un incubo!
Draghi stesso indica che il QE non è sufficiente per risolvere i mali dell’Europa. Propone allora di procedere ad una maggiore integrazione tra le economie e gli stati europei e di fare le rovinose riforme strutturali (meno costo del lavoro; meno welfare; meno democrazia). Ma nella situazione attuale procedere verso l’unità europea significa farsi ancora più del male, significa essere masochisti e procedere verso una centralizzazione ancora più subordinata al governo tedesco e alla finanza internazionale. La centralizzazione c’è già: il bilancio pubblico italiano viene prima approvato dalla Commissione UE e poi dal Parlamento Italiano. Chiedere ancora più di questa Europa significa farsi del male sbattendo la testa contro il muro.
Lo sviluppo dell’occupazione e dei redditi provoca necessariamente inflazione. Le banche del nord Europa e Jens Weidmann, il rappresentante tedesco nella BCE, parteggiano invece apertamente per la deflazione, cioè per la stabilità dei prezzi e quindi per la caduta dell’occupazione e dei redditi. Infatti con la deflazione i tassi di interesse reali sui debiti restano elevati o aumentano: se i prezzi restano fermi, anche il 2% di tasso di interesse annuale sul debito pubblico italiano costituisce un peso insopportabile per l’economia.
I media gioiscono perché diminuisce il famigerato spread tra i tassi di interesse della Germania e quello dell’Italia. Ma se non c’è crescita e non c’è inflazione, le tasse dei cittadini servono per ripagare un debito che aumenta continuamente in termini reali. Il debito strozza le economie. E il pareggio in bilancio nella Costituzione e il Fiscal Compact seppelliranno definitivamente ogni possibilità di ripresa.
Con questa UE e con questa BCE non si esce dalla crisi. La sinistra italiana non si illuda di riformare l’Europa! Nichi Vendola si è già illuso di riformare il PD insieme a Bersani a colpi di primarie, e si è visto invece dove il PD è poi finito. Tentare di riformare la UE intergovernativa è ancora più difficile, è una strategia ancora più fallimentare.
La moratoria sui debiti: il giusto progetto di Tsipras per la Grecia
In Grecia Syriza propone di rinegoziare i debiti e di ristrutturarli. In Italia questa proposta è sostenuta da molti esponenti della lista Tsipras e dell’Altra Europa (vedi per esempio l’articolo di Guido Viale sul Manifesto del 3 gennaio). Syriza fa benissimo a sostenere questa posizione perché a) la maggioranza dei cittadini greci non vuole scontrarsi frontalmente con la UE e la BCE e preferisce rimanere nell’euro; b) dal punto di vista puramente economico la richiesta di Syriza è praticabile. E poi, come giustamente suggerisce Emiliano Brancaccio, se la Germania non accettasse la moratoria, allora Alexis Tsipras ha certamente già il piano B di uscire dall’euro [3]. Tsipras non è certamente un ingenuo come la sinistra nostrana!
La prima mossa di Alexis Tsipras sarà giustamente di chiedere la moratoria del debito. Infatti il debito greco ha una dimensione relativamente modesta per l’economia europea (320 miliardi) e circa l’ 80% del debito è ormai in mano a soggetti stranieri, alla Troika (UE, BCE, FMI). La Troika inoltre è composta da organi pubblici e parabubblici quindi potrebbe ristrutturare o perfino fare scomparire nei suoi bilanci gran parte del debito greco senza grandi ripercussioni sulla finanza europea e sui bilanci delle banche commerciali.
L’opposizione alla moratoria da parte della Troika e del governo Merkel è soprattutto politica. Se venisse concessa una moratoria alla Grecia, si aprirebbe la strada alla ristrutturazione dei debiti per tutti i paesi del sud Europa in difficoltà, Italia e Spagna compresi. E questo la grande finanza privata e pubblica non può permetterlo. La partita sarà dura e la negoziazione tra il nuovo governo greco e la Troika, avrà un esito molto incerto. La Germania potrebbe rifiutare la moratoria e la Grecia uscirebbe dall’eurozona. Lo può fare perché ha il bilancio primario (spese meno tasse) in attivo e la bilancia commerciale pure attiva. E’ in deficit solo a causa degli interessi sul debito. Per uscire bene dovrebbe solo garantirsi una copertura finanziaria internazionale, magari trattando con i fondi sovrani cinesi o norvegesi, o con Obama.
Se l’Italia ristrutturasse i debiti finirebbe commissariata dalla Troika
Ma la strada della moratoria dei debiti è percorribile anche dall’Italia? Certamente no. Chi conosce anche minimamente la finanza e la politica europea sa che è impossibile. L’Italia ha un debito pubblico di quasi 2200 miliardi e nessuna banca privata nazionale o estera concederebbe sconti allo Stivale. Il debito dell’Italia è un debito verso le banche commerciali e non verso istituzioni pubbliche. Le banche private non accetterebbero di fare compromessi sui loro crediti. Se l’Italia chiedesse di ristrutturare i debiti verrebbe espulsa dai mercati finanziari internazionali e uscirebbe automaticamente dall’euro! Syriza inoltre è al governo, può trattare sui debiti, ma la sinistra italiana è all’opposizione.
Chi propone che il debito italiano venga ristrutturato o annullato parzialmente copia pedissequamente il programma di Syriza per la Grecia. Ma, anche se per assurdo venisse concesso un parziale allentamento dei vincoli debitori, l’Italia finirebbe commissariata dalla Troika, proprio come in Grecia. E’ questo che la sinistra italiana vuole?
Povera (vecchia) sinistra (poco) alternativa italiana! Dopo essersi illusa sull’Europa, sulla bontà dell’euro, sull’Unione Europea, sulla pace universale, adesso, in nome di un malinteso internazionalismo, afferma che l’euro è necessario perché ormai i paesi industriali sarebbero troppo piccoli per difendere la loro moneta [4] (ma questo bisognerebbe spiegarlo a paesi come Israele, Norvegia, Svezia, Polonia, sud Corea, Giappone, Svizzera e UK che stanno con la loro moneta nazionale certamente meglio di noi). Povera (vecchia) sinistra che si illude che l’Italia possa seguire la stessa strada della Grecia, anche se le economie sono completamente diverse! Proporre come soluzione una nuova conferenza di Bretton Woods è certamente nobile sul piano intellettuale e letterario ma velleitario sul piano pratico e politico [5]. Proporre una conferenza sul debito a livello europeo è certamente un’ottima cosa; copiare il programma di Syriza è invece insostenibile e non rende alcun servizio alla causa europea della Sinistra e del Lavoro e alla stessa Syriza.
Picchiare i pugni sul tavolo europeo non serve a nulla
Quale altra strada esiste allora per un paese come l’Italia? Diversi economisti di sinistra sostengono che in Europa occorre insistere per avere più investimenti e meno vincoli, per ottenere gli eurobond e finalmente sviluppare l’economia [6]. Occorre essere fiduciosi nelle prospettive di questa Europa. Ma dopo sette anni dall’inizio della crisi dovrebbe essere chiaro a tutti che una svolta europea verso l’espansione economica è una pura illusione (che Syriza certamente non ha condiviso), e che la Germania cerca di mantenere a tutti i costi i privilegi derivati dall’euro-marco e non accetta riforme né uno sviluppo che provoca inevitabilmente inflazione.
Il duo Merkel-Gabriel del governo tedesco non cederà mai in nome degli ideali europeisti. Piuttosto deciderebbe di uscire dall’eurozona insieme agli altri paesi dell’area del marco, con Olanda, Austria e Lettonia. Tra l’altro il governo tedesco non potrebbe cedere nulla di sostanziale al sud Europa perché è incalzato dal partito sciovinista e anti-euro della AFD, il quale raccoglie crescenti consensi proponendo appunto lo scioglimento dell’eurozona e il ritorno al marco. I media tedeschi sparano già a zero su un QE tiepido e antieuropeo. La Germania non accetterà mai di ridurre i debiti italiani e spagnoli!
Uscire unilateralmente dall’euro è come lanciarsi da una rupe nel buio
Beppe Grillo propone l’uscita dalla moneta unica per non subire i diktat della UE e della BCE. La posizione ha il vantaggio di essere chiara e non politichese, ma è impraticabile e sbagliata. Alcuni economisti, come Alberto Bagnai, spiegano che nel ’92, quando la lira è uscita dallo SME, è stato possibile svalutare e quindi rendere nuovamente competitiva e dinamica l’economia italiana. Ma passare dall’euro ad una lira che non c’è, e che oggi bisognerebbe creare ex novo, è completamente diverso, sul piano tecnico e politico, che uscire da un sistema di cambi semi-fissi, come era il Sistema Monetario Europeo.
Il referendum indetto da Grillo è ottimo perché così i cittadini potranno informarsi e discutere sui danni della moneta unica. Ma l’uscita unilaterale dall’euro, cioè dalla seconda valuta mondiale di riserva (dopo il dollaro) che i governi di tutto il mondo hanno nelle loro casse, certamente porterebbe alla rottura caotica dell’euro e produrrebbe traumi economici e geopolitici dalle conseguenze imprevedibili. La moneta europea è politica. Ci metteremmo contro tutto il mondo, USA, Russia, Cina e India compresi.
Comunque, molti cittadini italiani sono contrari all’uscita perché temono di vedere svalutati risparmi, stipendi e pensioni. Metà popolo correrebbe in banca e ritirerebbe i risparmi allo sportello e li convertirebbe subito in euro-marchi, in obbligazioni tedesche. L’uscita unilaterale dall’euro è moralmente desiderabile, ma politicamente e tecnicamente non è praticabile: sarebbe come un salto dalla rupe nella notte più buia. Una cosa che uno fa solo se non c’è più alcuna alternativa.
Una strada diversa ed efficace: una nuova moneta statale/fiscale
Il progetto di moneta statale italiana propone una strada alternativa. Pur rispettando sul piano giuridico tutti i trattati (iniqui) alla base dell’euro, proponiamo che lo stato italiano emetta fino a 200 miliardi di nuovi titoli pubblici di credito fiscale in tre anni. La nuova (quasi)moneta statale non sarebbe destinata alle banche ma verrebbe distribuita gratuitamente ai lavoratori e alle imprese e avvierebbe un New Deal pubblico. L’emissione di 200 miliardi di Certificati di Credito Fiscale, CCF, ad uso differito (con scadenza a due anni per pagare tasse, contributi, ecc), da assegnare nell’arco di tre anni a lavoratori e aziende, genererebbe un rapido aumento del potere d’acquisto e dei redditi, migliorerebbe la competitività delle imprese e, grazie al moltiplicatore fiscale, produrrebbe un forte sviluppo del PIL e dell’occupazione, mantenendo tuttavia l’equilibrio del bilancio pubblico e della bilancia commerciale. Grazie alla crescita del PIL e all’aumento dell’inflazione, diminuirebbe finalmente il rapporto debito pubblico e PIL, e i creditori esteri verrebbero finalmente ripagati. Con la nuova liquidità non si soffocherebbe ma anzi si rilancerebbe l’economia per pagare i debiti esteri e nazionali. La nuova moneta sarebbe statale e non bancaria, e quindi sarebbe gestita da istituzioni nazionali democraticamente elette [7].
Le novità della nuova moneta sono quattro e sono tutte rivoluzionarie: 1) i CCF sono titoli di credito e non di debito, e quindi non aumentano il debito pubblico in euro; non infrangiamo i trattati e poniamo perfino le condizioni per pagare i debiti grazie alla crescita dell’economia; 2) sono titoli emessi a livello nazionale e non europeo; non bisogna aspettare la BCE o la UE per emetterli; basterebbe avere un governo coraggioso e non servile verso la politica europea. E’ vero: è difficile riuscire ad eleggere un governo italiano coraggioso: ma è ancora più difficile che la Germania e la UE ci condonino i debiti! 3) i CCF sono titoli statali e non sono moneta bancaria. Non bisogna attendere che le banche concedano prestiti e creino moneta per fare circolare la nuova liquidità e creare nuova domanda; 4) inoltre i CCF – novità rivoluzionaria – verranno distribuiti gratuitamente ai lavoratori e alle aziende, specialmente a quelle che produrranno nuova occupazione. È il concetto ben noto in economia di helicopter money, che però stranamente la sinistra ignora.
La nuova moneta statale ci libererebbe dal ricatto del debito verso l’estero. Finalmente milioni di lavoratori avrebbero non solo più potere d’acquisto, ma anche più potere di incidere sul governo dell’economia attraverso i loro rappresentanti eletti. Con 80 euro in busta paga Matteo Renzi ha vinto le elezioni; la sinistra proporrebbe di dare gratis ai lavoratori fino a 70 miliardi di euro in CCF (in conto titoli), 50 miliardi per avviare un New Deal di opere pubbliche, 80 miliardi alle aziende per recuperare competitività. Finalmente la sinistra si guadagnerebbe con parole e azioni chiare (e non fumose) il consenso della grande maggioranza dei cittadini.
Dopo anni di crisi, dopo milioni di disoccupati, dopo un attacco clamoroso ai diritti sociali e politici, la sinistra stenta ancora a comprendere che, senza neppure uno straccio di moneta nazionale, non possiamo fare nessuna politica economica progressiva. Senza recuperare autonomia monetaria siamo completamente subordinati alla finanza internazionale e ad organismi che nessuno ha eletto, come la UE e la BCE, e che ci impongono di modificare in peggio la nostra Costituzione democratica, il nostro sistema elettorale e il mercato del lavoro!
La sinistra italiana dovrebbe proporre anche alla Grecia la moneta fiscale e i CCF. Dovrebbe proporre questa reale innovazione alla sinistra europea. Invece, se copiasse il programma di Syriza e si rifiutasse di affrontare il nodo della autonomia monetaria nazionale, rischierebbe di fare la fine ingloriosa della Sinistra Arcobaleno, e di condannarsi ancora una volta a restare minoritaria, a continuare nelle strategie fallimentari e passive verso la UE che finora la hanno resa irrilevante agli occhi del popolo italiano. Con grande gioia e ringraziamento da parte di personaggi come Matteo Salvini e Silvio Berlusconi che invece raccolgono la sempre più diffusa protesta popolare. Sinistra svegliati, volta pagina!
NOTE
[1] Vedi www.monetafiscale.it, Uscire dalla depressione con l’emissione di “moneta statale” a circolazione interna, Manifesto / appello a cura di: Biagio Bossone, Marco Cattaneo, Luciano Gallino, Enrico Grazzini, Guido Ortona, Stefano Sylos Labini
[2] Vedi www.economonitor.com/blog: Biagio Bossone & Richard Wood, Why QE in the Eurozone Is a Mistake,
20 gennaio, 2015
[3] Vedi Micromegaonline, intervista a Brancaccio: “L’eurozona? Insostenibile. Tsipras valuti anche l’uscita dall’euro”
[4] Vedi Micromegaonline, Alfonso Gianni, La Svizzera, l’uscita dall’euro e le conseguenze per l’Europa, 21 gennaio 2015 “Non è forse giunto il momento di ragionare in termini veramente globali, purché multipolari e tendenzialmente egualitari anche in campo monetario? Se si vogliono evitare guerre monetarie sempre più accese, che possono diventare anticamera di guerre tout court; caos incontrollabili nei cambi e nei tassi di interesse; se si vuole introdurre attraverso regole nuove nell’economia un fattore di pace a livello mondiale, bisogna accogliere l’idea della riconvocazione di una nuova Bretton Woods, che, come la famosa conferenza dei paesi vincitori della Seconda guerra mondiale tenutasi nel 1944, cerchi di porre un po’ di ordine nei mercati valutari. Magari riattualizzando la famosa proposta di Keynes, del bancor”.
[5] Idem
[6] Vedi Claudio Gnesutta su Sbilanciamoci.info, Politica economica europea, che fare?, 5 settembre 2014. “L’attuale classe dirigente europea, non sembra mutare sostanzialmente i suoi orientamenti di fondo, anche se vi sono segnali per una gestione più «flessibile» del passato (?). Vanno in questa direzione la proposta di Draghi sulla necessità di un ruolo maggiore della politica fiscale, l’impegno di Junker di rilanciare la crescita e l’occupazione in Europa, la nuova agenda di politica economica di Renzi nel programma Europa (??), un nuovo inizio della Presidenza Italiana del Consiglio dell’Ue (???)”
[7] Vedi www.monetafiscale.it, Uscire dalla depressione con l’emissione di “moneta statale” a circolazione interna, già citato