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Le dichiarazioni rese dal pontefice in Turchia raffigurano una Chiesa cattolica irrimediabilmente persa nel relativismo religioso
Le dichiarazioni rese da Papa Francesco in Turchia raffigurano una Chiesa cattolica irrimediabilmente persa nel relativismo religioso che la porta a concepire che l’amore per il prossimo, il comandamento nuovo portatoci da Gesù, debba obbligatoriamente tradursi nella legittimazione della religione del prossimo, a prescindere dalla valutazione razionale e critica dei suoi contenuti, incorrendo nell’errore di accomunare e sovrapporre persone e religioni, peccatori e peccato. Quando il Papa ha giustamente detto «la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace», dimentica però che il Dio Padre che concepisce gli uomini come figli, che per amore degli uomini si è incarnato in Gesù, il quale ha scelto la croce per redimere l’umanità, non ha nulla a che fare con Allah che considera gli uomini come servi a lui sottomessi, legittimando l’uccisione degli ebrei, dei cristiani, degli apostati, degli infedeli, degli adulteri e degli omosessuali («Instillerò il mio terrore nel cuore degli infedeli; colpiteli sul collo e recidete loro la punta delle dita… I miscredenti avranno il castigo del Fuoco! … Non siete certo voi che li avete uccisi: è Allah che li ha uccisi» (Sura 8:12-17). Quando il Papa all’interno della Moschea Blu si è messo a pregare in direzione della Mecca congiuntamente con il Gran Mufti, la massima autorità religiosa islamica turca che gli ha descritto la bontà di alcuni versetti coranici, una preghiera che il Papa ha definito una «adorazione silenziosa», affermando due volte «dobbiamo adorare Dio», ha legittimato la moschea come luogo di culto dove si condividerebbe lo stesso Dio e ha legittimato l’islam come religione di pari valenza del cristianesimo. Perché il Papa non si fida dei propri vescovi che patiscono sulla loro pelle le atrocità dell’islam, come l’arcivescovo di Mosul, Emil Nona, che in un’intervista all’ Avvenire del 12 agosto ha detto «l’islam è una religione diversa da tutte le altre religioni», chiarendo che l’ideologia dei terroristi islamici «è la religione islamica stessa: nel Corano ci sono versetti che dicono di uccidere i cristiani, tutti gli altri infedeli», e sostenendo senza mezzi termini che i terroristi islamici «rappresentano la vera visione dell’islam»?
Quando il Papa intervenendo al «Dipartimento islamico per gli Affari religiosi» ha detto «noi, musulmani e cristiani, siamo depositari di inestimabili tesori spirituali, tra i quali riconosciamo elementi di comunanza, pur vissuti secondo le proprie tradizioni: l’adorazione di Dio misericordioso, il riferimento al patriarca Abramo, la preghiera, l’elemosina, il digiuno…», ha reiterato la tesi del tutto ideologica e infondata delle tre grandi religioni monoteiste, rivelate, abramitiche e del Libro, che di fatto legittima l’islam come religione di pari valore dell’ebraismo e del cristianesimo e, di conseguenza, finisce per delegittimare il cristianesimo dato che l’islam si concepisce come l’unica vera religione, il sigillo della profezia e il compimento della rivelazione. Così come quando il Papa ha aggiunto che «riconoscere e sviluppare questa comunanza spirituale attraverso il dialogo interreligioso ci aiuta anche a promuovere e difendere nella società i valori morali, la pace e la libertà», ha riproposto sia una concezione errata del dialogo, perché concepisce un dialogo tra le religioni mentre il dialogo avviene solo tra le persone e va pertanto contestualizzato nel tempo e nello spazio, sia una visione suicida del dialogo dal momento che il nostro interlocutore, i militanti islamici dediti all’islamizzazione dell’insieme dell’umanità, non riconosce né i valori fondanti della nostra comune umanità né il traguardo della pacifica convivenza tra persone di fedi diverse dall’islam.
Anche quando il Papa ha detto «è fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione -, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri», ci trova assolutamente d’accordo. A condizione che l’assoluta parità di diritti e doveri concerne le persone, ma non le religioni. Perché se questa assoluta parità dovesse tradursi nella legittimazione aprioristica e acritica dell’islam, di Allah, del Corano, di Maometto, della sharia, delle moschee, delle scuole coraniche e dei tribunali sharaitici, significherebbe che la Chiesa ha legittimato il proprio carnefice che, sia che vesta il doppiopetto di Erdogan sia che si celi dietro il cappuccio del boia, non vede l’ora di sottometterci all’islam.
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